sabato 24 luglio 2010

La difficile strada per lo Zanskar

Quanto sia difficile arrivare in Zanskar e ripartire per tornare a Leh lo si capisce sempre solo quando finalmente, superate tutte le difficolta' e tutti i punti critici, si arriva a destino.
Ogni volta che si mette piede a terra inconsapevolmente si emette un sospiro di sollievo.
Per rientrare a Leh su consiglio di Sonam e con il suo valido e rassicurante aiuto siamo partiti con una jeep alle 4 del mattino.
Meglio passare il Pensila' (uno dei passi piu' alti ed impegnativi) al piu' presto. Meglio superarlo quando ancora non fa molto caldo perche' il caldo scioglie la neve, i torrenti si ingrossano, formano buche e spaccature difficili da superare e potrebbero bloccarci la strada. Si' perche' non sempre ci sono i ponti, quasi sempre i torrenti e i ruscelli scendono a valle attraversando la strada e se l'acqua e' tanta come quest'anno, possono essere difficili da superare.
Bene partiamo alle 4. Sonam viene ad incontrarci al Mont Blanc e con l'Aiuto delle torce frontali carichiamo i bagagli, assonnati ci sistemiamo sui sedili rigidi. Di nuovo devo salutare la valle dello Zanskar, un misto di tristezza, felicita' e malinconia mi da' un senso di vuoto allo stomaco. Al volante Stanzin Punchok ventiseienne di Tungri che si rivelera' un ottimo autista.
Il cielo e' ancora nero e stellato, ma le finestre sono gia' tutte illuminate, la luce generalmente e' fornita dai pannelli solari. Gli zanskar pa si alzano molto presto la mattina.
Sulla destra appena fuori Padum individuo le luci del gompa di Pibiting, le luci di Karsha sparse sul fianco della montagna, man mano attraversiamo i villaggi della valle. Guardo tutto con l'occhio attento di chi non vuole perdere nulla, di chi cerca un appiglio, di chi cerca di riconoscere un villaggio, una casa, qualcosa che mi tenga ancora legata alla valle e alla sua gente.
Lascio uno Zanskar pieno di fiori come non l'avevo visto mai, ricco di acqua, anche troppa quest'anno.
I campi di orzo ancora troppo verdi per essere a meta' luglio, la stagione e' molto in ritardo, l'inverno e' stato particolarmente duro e lungo, chissa' se la breve estate sara' sufficiente per far maturare l'orzo?
Ai bordi dei campi fiori di tutti i colori, viola, gialli, bianchi, grandi cespugli di rosa canina sono ancora fioriti dappertutto tra le rocce, nell'aria si respira un profumo dolce. Gia' sogno cio' che ho vissuto, ma dopo un'oretta di viaggio un profumo molto meno dolce mi riporta alla realta': Una gran puzza di bruciato. L'autista si ferma, apre il cofano, e' ancora buio. No problem, risale in auto e riavvia il motore. Speriamo.
Gli ultimi villaggi, il posto di polizia e via verso il passo. Ci troviamo ad attraversare diversi corsi d'acqua con il fiato sospeso. La jeep si ferma un attimo, sembra non farcela, poi riparte dondolando pericolosamente un po' di volte, come un trattore supera le buche, l'acqua impetuosa e riprende la strada.
Alle 9 ci fermiamo per la colazione a Rangdom, sono passate gia' 5 ore di viaggio ed abbiamo fatto forse un centinaio di chilometri. Riprendiamo il cammino, ancora acqua, tratti di strada molto rovinata si alternano a tratti meno impegnativi, tratti di strada in piano si alternano a tratti tortuosi sul bordo di precipizi impressionanti. Arriviamo nella valle del Suru, verdissima. il frastuono del fiume in piena accompagna il nostro viaggiare. Il tratto di strada che corre all'altezza dell'acqua e' gia' in parte allagato.
Facciamo una sosta pranzo in uno dei luridi e pessimi ristorantini di Sankoo, l'alternativa sarebbe Kargil, ma vogliamo evitarla per non essere bloccati ed essere costretti a cambiare auto e autista.. Ripartiamo. Riusciamo a raggiungere e a superare indenni Kargil. Il nostro taxi non viene bloccato. Passato il ponte, dopo 14 ore di viaggio inframmezzate da un paio di soste raggiungiamo finalmente Mulbek dove passeremo la notte in una guest house.

Il peggio sembra passato ma non e' cosi'. Da Mulbek in poi la strada e' migliore, a tratti anche ben asfaltata, ma i lavori in corso sono tanti e spesso occorre aspettare in coda tra i camion e la polvere che i mezzi liberino la carreggiata. I 'mezzi' spesso sono braccia umane che vivono e lavorano ai bordi della strada spaccando e spostando pietre a mano. Vivono con le loro famiglie in piccole tende, le donne lavorano con i bambini piu' piccoli legati alla schiena, i piu' grandicelli giocano tra polvere e gas di scarico. Al nostro passaggio alzano le faccine opache e salutano con le manine grigie sorridendo.
Credo non ci sia nient'altro da dire, o forse e' necessario vedere, perche' e' difficile spiegare in quali condizioni viva questa gente.
Finalmente Leh, arriviamo dopo circa 9 ore di viaggio. Due giorni pieni, tutto e' andato liscio, non abbiamo avuto grossi problemi. Gli intoppi e le difficolta' sono state superate dal nostro autista brillantemente e senza grandi perdite di tempo.
Alcuni spaventi per sorpassi azzardati e soste ai bordi di precipizi per far passare colonne di camion fanno normalmente parte del viaggio.

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