lunedì 4 agosto 2008

Un pomeriggio di dieta

Ieri domenica non c’era scuola.
Siamo andati a visitare i genitori dei nuovi allievi. Questo lavoro lo si fa per capire la situazione famigliare dei bambini che frequentano la LMHS.
Siamo stati a piedi a Tangrimo, un’ora di cammino da Padum. Un’ora e mezza da Pibiting. Poi con la jeep abbiamo visitato alcune famiglie che vivono in villaggi che distano più di 20 km da Padum.
Se io mangiassi a Torino tutto ciò che mangio qui quando si va dalle famiglie, nel migliore dei casi vomiterei tutta la notte. Qui nulla, sto bene.
Lasciamo perdere la famiglia visitata al mattino perchè la discesa a piedi da Tangrimo a Padum mi ha permesso di smaltire tutto ciò che avevo mangiato.
Nel pomeriggio abbiamo visitato quattro case. Nell’ordine ho mangiato:
the nero, biscotti, the salato con burro di yak, il jo (che è buonissimo e ne mangio sempre una gran ciotola) un altro the nero, un bicchiere di latte caldo;
the nero, the dolce al latte, biscotti, il jo, una mela, un bicchiere di latte;
the nero, biscotti, the salato con burro, caramelle e albicocche secche, il jo;
the nero, biscotti di pasticceria, the al latte dolce.
Tutto ciò dalle 3 del pomeriggio alle 6,30. Da morire, ma non è bello rifiutare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao dal tuo ex-collega Felice.
Ti scrivo da questa reale valle di lacrime:
sono appena tornato dalle vacanze in Sardegna!
Un mondo un po' diverso da quello in cui sei tu.
... ma non hai il diritto di lamentarti per qualche tazza di the e 4 biscottini,
mentre noi venivamo rimpinzati con ravioli alla ricotta,
maialino arrosto, pecorino e mirto nell'agriturismo sardo:
ho sognato perfino dei caimani.
A parte gli scherzi vedo che sei molto "carica".
Ho letto qui e la il blog.
Leggerò meglio a casa: sai qui mi costringono a fare analisi dati e altre cose amene!
A presto. Ciao. Felice.
PS. Meditazione: certo che si può dire tutto di questo mondo globalizzato, ma comunicare da un posto tecnologico come questo a quello "semplice" dove sei tu, da una particolare senzazione.

Anonimo ha detto...

Ciao Vilma,
ho gettato l'ancora. Sono rientrato ieri dopo una ventina di giorni di vagabondaggi per mare. Nella lunga notte tra Corsica e Liguria, con dieci dodici nodi di un buonissimo vento al traverso che cantava tra le sartie e ci spingeva a scivolare sulla nera superficie del mare notturno, mentre tenevo d'occhio lontani punti di luce di remoti pescherecci e controllavo che il lembo della randa non si allontanasse troppo dalla stella polare, il mio pensiero volava in Zanskar. In quell'oceano di roccia e ghiacciai. A quella commovente, affettuosa, sincera comunità di donne e uomini, di bambine e bambini, di ragazze e ragazzi dove ho vissuto lo scorso anno esperienze simili a quelle che riempiono le pagine del tuo blog. Oggi, al rientro a Torino, ho letto tutto d'un fiato quello che mi ero perso veleggiando. Adesso mi torvo a riflettere sull'importanza della parola scritta, della comunicazione, nel nostro lavoro, nel nostro impegno. Noi possiamo vivere le nostre esperienze, imparare, comprendere, affrontare difficoltà e ottenere insegnamenti impagabili. Che rimangono dentro di noi, dentro ciascuno di noi. Ma finché non diventano carta e inchiostro, documento, pixel, quel che vuoi, finché non diventano pagina da leggere, sono nostre soltanto. Diventate pagina, condivise, diventano storia. Diventano informazione. Sono indispensabili. Nelle tue pagine, Vilma, ritrovo la continuazione del lavoro che abbiamo fatto e raccontato la scorsa estate. Aiutare una comunità come quella zanskara non è solo un gesto di civiltà, non è solo un fatto umanitario, non è solo uno scarico di coscienza per gli errori (orrori) della politica occidentale nei confronti del vasto mondo dei meno abbienti. Non è solo questo. Aiutare una comunità come quella zanskara è un fatto culturale. E' una crescita. Personale e collettiva. E chi legge, chi comprende lo spirito di queste pagine, chi lo comunica e lo divulga, fa una cosa importante esattamente come chi mette mano al portafoglio e paga gli studi a un bambino o aiuta la scuola a comprare un computer o un pannello solare. Questo è il significato profondo di quell'uomo che piange perché non è riuscito a ringraziare la donna che aiuta suo figlio a studiare. Delle donne che si associano e combattono, sole e coraggiose, per un progresso di uguaglianza e di diritti che nemmeno noi abbiamo ancora pienamente raggiunto. Dei ragazzi, i primi ex-allievi della nostra scuola, che sono consapevoli di essere il futuro della loro comunità. Questa è la grandezza di quel popolo di contadini, così legato alla sua tradizione buddista, alla sua cultura tibetana, ma che crede così profondamente nell'educazione, nella formazione e nel futuro. Questo è il messaggio che passa attraverso le parole e i racconti. Grazie Vilma, buon lavoro.
Bruno