giovedì 31 luglio 2008

Il bus pubblico per Rantaksha


Sono andata con Eliane a Rantaksha, per fare visita alla sua figlioccia e ad una famiglia di un nuovo allievo.
Il bus pubblico partiva alle 4, ma alle 3 era già pieno zeppo, messi i nostri zainetti sul tetto ci siamo schiacciate come sardine sul seggiolino vicino all’autista. Davanti a noi c’era un ragazzino e due anziani contadini, di fianco a me un altro vecchietto. Dietro la mia schiena erano appoggiate tre vetri per finestre legati insieme con un cordino. Sul cruscotto del guidatore almeno dieci dozzine di uova che Eliane ha tenuto ferme per tutta la durata del viaggio affinché non si rovesciassero sulle gambe dell’autista. Una serie di pacchetti, pacchettini erano borsoni infilati in ogni dove. Eravamo talmente schiacciate da non riuscire neanche a muovere un piede, le nostre ginocchia si incastravano tra i pacchi e tra le ginocchia delle persone sedute davanti a noi. Gran caldo, il sole picchiava implacabile sulle nostre schiene. Un'attesa lunga, ma per lo meno eravamo sedute.
Alle 4 finalmente il bus parte, strapieno, con gente sul tetto e un grappolo di persone agrappate alla porta in piedi sul predellino. Ogni tanto chi doveva scendere lanciava un urlo o un fischio ed il bus frenava sollevando una nuvola di polvere e si fermava , alcuni scendevano, altri salivano, la gente non diminuiva. Il ragazzino davanti a noi teneva gli occhi chiusi, crollava dal sonno. I bambini qui non piangono quasi mai, non si lamentano, soffrono in silenzio, fin troppo. Questo bambino avrà avuto otto o dieci anni, vedevo la testolina ciondolare, ma non potevo far nulla immobilizzata com'ero nel mio posticino. Ad una curva improvvisamente spalanca gli occhi e come una fontana ci vomita addosso tutto ciò che aveva sullo stomaco. Il bus si ferma il bimbo viene fatto scendere e ripulito alla meglio, a noi viene dato uno straccio , cerchiamo di togliere il vomito alla meglio dalle braccia, dalla tee shirt, dai pantaloni Si riparte, il bimbo ora è sveglio e sta meglio, io ed Eliane che dire? un po’ peggio, ma siamo state stoiche, ferme come due statue di marmo. Come se fosse una cosa normale..
Arriviamo a Rantaksha dopo un'ora e mezza e non ci pare vero di mettere piede a terra. Andiamo alla casa di Punson, modesta, ma pulita. Inizia una serie di inviti in tutte le case dei parenti, dei conoscenti e degli amici e ogni volta si beve e si mangia. The salato con burro di yak, biscotti, riso, dal e verdure, jo (uno yogurt buonissimo), tsampa, momo e poi di nuovo the salato, riso dal ecc.
Allontanandosi da Padum è quasi impossibile che venga offerto the nero, perché loro non lo bevono, al massimo si trova il the al latte oppure il latte da solo. Non c’e altro. Il the salato è un po’ difficile per i nostri gusti, ma mi ci sono abituata e lo trovo anche buono, soprattutto è molto calorico !
Due giorni all’ingrasso, ma visitare le case di questa gente ospitale è molto interessante e non si può rifiutare ciò che viene offerto. I turisti passano tra le case di Rantaksha senza fermarsi e proseguono verso Padum, Il paese conta circa 300 abitanti, tutti contadini, non ci sono negozi, non c’è nulla, solo campi coltivati, bestiame, ruscelli pulitissimi e una gran pace in un paesaggio indimenticabile.
Ora il mio tempo è scaduto, mi aspettano per un the, nero questa volta.

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